Alcune diocesi italiane hanno preso la decisione di anticipare il sacramento della Confermazione alla V elementare, così da “recuperare” quel gruppo di ragazzi che, con l’inizio delle medie, abbandona in genere la frequenza al catechismo e, di conseguenza, la partecipazione ai sacramenti. Che si tratti di una decisione dovuta alla necessità di mostrare dati percentuali più alti (non riusciamo proprio a rinunciare alle misurazioni della fede?), o che sia davvero una scelta per motivi pastorali, ho l’impressione che ci si trovi comunque su una strada che non porterà a nulla.
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Il divorzio e la comunione (1)
Ultimamente, nelle chiacchierate con parroci, negli incontri con comunità, nelle riflessioni e domande che mi sono sentito porre, una di quelle percepite dalla gran parte come più urgenti è certamente quella che riguarda la questione dei sacramenti ai divorziati risposati; questione, tra l’altro, che occupa gli sforzi e i pensieri anche di molti (anche amici) teologi moralisti. La domanda è riassumibile facilmente: la Chiesa deve dare o non dare l’Eucarestia ai divorziati che si siano risposati?
L’ossimoro: presbitero e giovane. E l’ipotesi seria di un diaconato (impermanente)
Riprendo e cerco di concludere la riflessione iniziata ieri.
Come si può essere presbitero (ossia “anziano”) a 25 anni? Ma anche a 30? Come si può anche solo pensare di governare le coscienze altrui e le forme di vita altrui (poiché questo è il ministero pastorale nella sua essenza: governo delle strutture e dei cuori, nel senso migliore del termine, s’intende), quando si è appena all’inizio del lavoro di governo su di sé?