
Dopo le prime uscite (preoccupato io stesso dal mio improvviso entusiasmo per questo pastore) cercavo di mantenermi un dubbio: non è che questa semplicità sia solo una facciata, un’immediatezza di comunicazione che nasconde una pochezza di contenuto? Sapevo che era più una mia paura, quasi una difesa di fronte al mio entusiasmo riguardo a un uomo che è venuto incontro sorridendo al mondo (anche della fede) ormai intristito. Bene, dopo l’omelia che Francesco ha pronunciato ieri durante la Messa crismale, mi sono tolto anche quest’ultimo dubbio. Questo vescovo di Roma è tutt’altro che superficie, immagine: è carne e sangue. Una amica ieri sera al telefono mi ha detto: E’ un uomo che emoziona. Vero. Ma comincio a convincermi che emoziona perché è, davvero, un uomo. E l’umanità è quel che conta, soprattutto quando si parla di Dio. Il resto è (inutile) teologia.
Per chi volesse leggersi le parti più intense dell’omelia di ieri, ne riporto qui di seguito un ampio stralcio.
«Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Vangelo predicato con l’unzione, gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l’olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, “le periferie” dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede.
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