Un mio piccolo intervento sulla mistica e la meditazione, dal sito http://www.synesio.it.
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Consapevoli della realtà
(1918-2010) Da La nuova innocenza, Servitium
Non avere paura né di sé né degli altri. In questo sta la nuova innocenza. Questo è ciò che conta: non perdiamo tempo in teorie. Pensare di poter sistemare e risolvere tutto è un errore. Il mistero della vita è che il male esiste, che le tensioni non possono essere soppresse e che noi ci siamo dentro; che si deve fare il possibile, senza lasciarsi dominare e senza mai ritenere di possedere la verità assoluta. Bisogna accettare la condizione umana, sapere che un certo dubitare non si oppone alla fede; sapere che il senso di contingenza è necessario alla nostra vita.
Devo rendermi conto che sono una parte di questa realtà e che non spetta a me controllarla; scoprire il senso della vita nella gioia, nella sofferenza, nelle passioni; invece di lamentare la difficoltà del vivere, rimandando ad un giorno che non arriva mai il momento di godere profondamente di questa vita, trovare questo senso in ogni istante.
Spiritualità e non-dualità: l’onda e l’oceano
La vita in pienezza, San Paolo, pp. 38-39
Tra le nuove prospettive della riflessione teologica, quella di Lozano (di cui ho curato la pubblicazione presso la San Paolo) raccoglie un’istanza estremamente interessante e che va sempre più diffondendosi (si pensi a Panikkar o a Knitter…): quella del superamento del dualismo in vista di una forma di spiritualità potremmo dire “integrale”.
La non-dualità è una presenza costante in tutta la realtà. Di quante cose non possiamo affermare che non sono né uno né due, ma, semmai, non-due? L’immagine più citata è quella dell’onda e dell’oceano: una realtà o due? Ma gli esempi sono interminabili: il ramo e l’albero, la cellula e l’organismo, il dito e il corpo… Persino il quarto vangelo presenta l’immagine della vite e dei tralci.
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Il Vangelo e le altre religioni
Pierre-François de Béthune
L’ospitalità. La strada sacra delle religioni, San Paolo, 2012
Pierre-François de Béthune ha scritto uno splendido libro sul dialogo interreligioso (intrareligioso, lo chiamerebbe Panikkar). In una delle pagine più intense, commenta in questo modo il brano evangelico dell’invio dei discepoli in missione:
“Quando Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare a loro volta il Regno che viene, ingiunge loro di presentarsi sprovvisti di tutto e nella necessità di essere accolti.
Se domanda loro di non prendere niente con sé, «né oro, né argento, né borsa per il cammino, né due tuniche, né sandali, né bastone», non è per invitare i missionari a essere distaccati; è perché si presentino dipendenti dalla buona volontà dei loro ospiti, perché siano costretti a domandare il vitto e l’alloggio. Ordina loro di entrare nella casa, di dire: Pace a questa casa. E: «Rimanete in quella casa mangiando e bevendo quello che vi sarà dato». E’ ugualmente prevista l’eventualità di una non accoglienza. Essa fa parte dell’esperienza, perché l’ospitalità non è un diritto per il discepolo, ma sempre l’oggetto di un’umile richiesta.