adi Shankara
(VIII sec. d.C.) Dhanyastakam, cit. in http://www.gianfrancobertagni.it
1. La vera conoscenza è quella che pacifica definitivamente i sensi: essa è ciò che, secondo l’autentico significato accertato nelle Upanisad, si deve realizzare. Beati sono coloro totalmente assorti, in questo mondo, nella Realtà suprema; gli altri, invece, errano nel regno dell’illusione.
2. Coloro i quali, avendo dapprincipio ottenuto il controllo sugli oggetti (dei sensi e della mente), hanno sgominato quella schiera di nemici consistente nell’orgoglio, nell’immaginazione, nell’attaccamento e nella repulsione ecc. conquistando il regno dello yoga; coloro i quali, avendo preso coscienza della propria immortalità in quanto Sé e sempre consapevoli della beatitudine che scaturisce dalla conoscenza del supremo Sé, la quale è oggetto della massima aspirazione, si sono ritirati a vivere nella foresta, costoro sono i beati.
3. Coloro i quali, avendo rinunciato ai piaceri della vita familiare, che sono causa della caduta nel divenire, si dissetano con il succo del vero significato delle Upanisad; coloro la cui volontà è rivolta solo alla realizzazione del Sé; coloro i quali, avendo acquietato le passioni, si sono resi indifferenti verso il godimento degli oggetti; coloro i quali sogliono recarsi in luoghi solitari, perfettamente liberi da ogni attaccamento, costoro sono i beati.
4. Coloro i quali, avendo abbandonato le nozioni di “io” e di “mio”, causa di schiavitù, tengono in egual conto fortuna e disgrazia e considerano tutte le cose con equanimità; coloro che, avendo compreso che il Soggetto dell’azione è distinto dall’ego ed agiscono offrendo a Quello i frutti che derivano dalle loro azioni, quelli sono i beati.
5. Coloro i quali, avendo trasceso i tre desideri principali, contemplano solo la via verso la liberazione; coloro i quali sopperiscono al mantenimento del corpo con il nettare ricevuto in elemosina; coloro i quali nel profondo del cuore percepiscono quella Luce superiore persino al più alto essere riconoscendola come il supremo Sé; costoro, due volte nati, sono i beati.
6. Coloro che, avendo attinto l’unità di coscienza, hanno realizzato il Brahman come il seme unico della totalità, il quale non è né essere né non-essere, né essere e non-essere insieme, né grande né piccolo, né di sesso maschile né femminile né privo di sesso; coloro i quali sono sempre distaccati, quelli sono i beati: gli altri sono costretti nella schiavitù dell’esistenza.
7. Coloro i quali hanno riconosciuto come affatto privo di valore ciò che giace immerso nella palude dell’ignoranza, la quale, consistendo di nascita, malattia e morte, è dolore senza fine; coloro i quali, riconoscendolo come non-eterno, hanno reciso il legame con il divenire esistenziale per mezzo della spada della conoscenza e hanno preso coscienza della Verità, quelli sono i beati.
8. Coloro che vivono insieme a quelli che hanno raggiunto la totale pacificazione e non nutrono più alcun pensiero, con quelli dalla natura benefica che hanno svelato la consapevolezza dell’Unità e si sono affrancati dall’illusione; coloro i quali, ritiratisi nelle foreste, contemplano continuamente Quello, l’autentica Essenza conosciuta dalle Scritture come il Sé, costoro sono i beati.