Gialal Al-Din Rumi
(1207-1273) Poesie mistiche, trad. Alessandro Bausani, Milano: Biblioteca Universale Rizzoli, 1988, pp. 57-58.
Io ero, nel tempo in cui non erano i Nomi, e nessuna traccia v’era d’esistenza di esseri. E tutti gli oggetti e i nomi promanarono da Me, in quell’attimo eterno quando né Me né Noi v’era!
E in quell’attimo antichissimo e primo mi prostrai a Dio, quando ancora Gesù non fremeva in seno a Maria. Da un capo all’altro percorsi tutta la Croce, e tutti i Nazareni conobbi: sulla Croce non c’era!
Nella Pagoda andai, e nel tempio dei monaci antico andai: nessun colore, colà, m’apparve di Lui. Le redini della ricerca volsi allora alla Ka’ba, ma là, in quella mèta di giovani e vecchi, nulla v’era.
E viaggiai verso Herât e viaggiai verso Qandahâr, e sotto cercai, e sopra cercai; ahimè, anche là non era! E volli spingermi ancora fino alla cima dei monti Qâf ai confini del mondo; della Fenice eterna, là, traccia non v’era!
E ne chiesi allora alla Tavola di Diaspro e al Càlamo di Dio, ma, e l’uno e l’altro muti, non fecero parole. E l’occhio mio, capace solo di Dio, non vedeva dovunque altro che qualità e forme estranee all’Eterno.
E, infine, mi fissai lo sguardo nel cuore, ed ecco, là io Lo vidi, in nessun altro luogo che là, Egli era! E per vero, così perplesso, stupefatto ed ebbro ne fui che un atomo solo dell’essere mio più non si vide. Io più non ero.