Averroé, Il trattato decisivo, Rizzoli, pp. 47ss
Che la Legge religiosa chiami a un’indagine intellettuale sugli esseri esistenti e richieda di pervenire a una conoscenza su di essi, appare chiaro da parecchi versetti del Libro di Dio Benedetto ed Eccelso (il Corano), tra i quali, per esempio, il seguente: “Riflettete, o voi che avete occhi per guardare!” Questo versetto certifica la necessità dell’uso del ragionamento intellettuale […].
Siccome si è stabilito che la Legge religiosa rende obbligatoria la speculazione e l’indagine razionale sugli esseri esistenti, e poiché tale indagine non consiste in altro che nella deduzione e della derivazione dell’ignoto dal già noto – e questo è ciò che si chiama sillogismo -, è pure obbligatorio che ci rivolgiamo allo studio della realtà esistente per mezzo del ragionamento razionale. […]
Ciò però non è possibile se prima non si perviene a sapere che cos’è il ragionamento in senso generale e di quante specie è composto, e ciò che è davvero ragionamento e ciò che non lo è. E questo a sua volta non è possibile se prima non si perviene a sapere quali sono le parti che compongono il ragionamento – e in specie le premesse e le loro distinzioni. In conclusione è vincolante per chi crede nella religione e si conforma a essa scegliendo di speculare sugli esseri esistenti che, prima di speculare, arrivi a conoscere quelle cose che, relativamente al pensiero, svolgono la stessa funzione degli attrezzi relativamente all’attività pratica. […]
Di conseguenza affermiamo che colui il quale proibisce a chi ne ha la facoltà, di studiare i libri dei filosofi con la scusa che ci sarà poi gente che lo accuserà di deviare dalla retta via, è simile a colui che impedisce a un assetato di bere dell’acqua fresca, fino a farlo morire, con la scusa che avrebbe potuto rimanerne soffocato. Infatti, morire per acqua ingurgitata è accidentale, mentre morire di sete è secondo sostanza e necessità.