Mohandas K. Gandhi
Gandhi commenta la Bhagavad Gita, Edizioni Mediterranee, pp. 74ss
Se un uomo è incapace di sentire dentro di sé il divino canto, può almeno ascoltare le buone canzoni cantate da altri. […]
Preghiamo affinché ci sia luce quando tutt’intorno a noi regna l’oscurità. Se siamo coraggiosi, l’intero mondo sarà coraggioso; come nel nostro corpo, così nell’universo: questo è il sentimento che dovremmo provare. Dovremmo perciò essere pronti a prendere sulle nostre spalle il fardello del mondo, ma potremo sostenerne il peso se intendiamo dire con questo che affronteremo la sofferenza volontaria (tapasharya) in aiuto al mondo intero.
Allora vedremo la luce quando gli altri non vedranno che le tenebre. […] Il mondo ci dirà che i sensi non possono essere messi sotto controllo, noi risponderemo invece che essi, senza alcun dubbio, possono essere tenuti sotto controllo. Se la gente ci dirà che la verità sulla terra non serve, noi risponderemo, invece, che serve. […] La notte del mondo è il nostro giorno, e il giorno del mondo è la nostra notte.