Friedrich Nietzsche
(1844-1900), La gaia scienza (1882) Libro terzo
La straordinaria pagina di Nietzsche sulla morte di Dio. Uno dei punti da cui, da allora, occorre passare per ogni riflessione sul divino e per il confronto con la laicità.
“Non avete voi udito parlare di ‘quell’uomo folle, il quale in pieno giorno accese la sua lanterna, e corse intorno per il mercato, gridando senza mai cessare: “Io cerco Iddio! Io cerco Iddio!” – E poiché vi erano parecchi di coloro che non credono in Dio, egli suscitò fra loro una grande risata. S’è smarrito egli, Iddio, forse? – chiese uno. O è scappato, come un fanciullo? – domandò un altro. O si tiene egli nascosto? O ch’egli, forse, ci teme? Ovvero, è salito sulla nave? è emigrato? – così gridavano essi, bofonchiando fra loro.
Il folle balzò in mezzo a loro e li trafisse col suo sguardo. “Dov’è egli andato, Iddio?- gridò egli – ben voglio io dirvelo! Noi l’abbiamo ucciso, voi ed io! Noi tutti siamo i suoi assassini! Ma come, dunque, abbiamo noi fatto ciò? Come mai abbiamo potuto tracannar tutto il mare? Chi, dunque, ci ha dato la spugna per cancellare tutto l’orizzonte intorno? Che cosa abbiamo noi fatto, quando abbiamo svincolato questa terra dal suo Sole? Verso dove si muove essa ora? Verso dove ci muoviamo noi? Lungi da tutti i soli? O non precipitiamo piuttosto, incessantemente? E indietro e in parte e in avanti e da tutte le parti? C’è, forse, ancora un sopra e un sotto? E non erriamo noi, forse, come per un infinito nulla? E gli spazi vuoti non ci soffiano il loro gelido alito? Non fa, forse, più freddo, ora? Non discende, senza mai tregua, la notte, e una notte più profonda? Non bisogna, forse, accendere le lanterne di pieno mattino? E non udiamo ancora nulla dei secchi colpi dei becchini che seppelliscono Iddio? Non ci giunge ancora alle nari l’odore della putrefazione divina? – anche gli Dei si putrefanno! Dio è morto! Dio rimane morto! E noi l’abbiamo ucciso! Come ci consoliamo noi, più assassini di tutti gli assassini? Ciò che il mondo ha sinora posseduto di più santo e di più possente s’è svenato sotto i nostri coltelli; – chi vorrà lavare da noi questo sangue? Con quale mai acqua potremmo noi purificarci? Quali sacrifici espiatori, quali feste sacre propiziatrici dovremo noi inventare? La grandezza di quest’azione non è essa, forse, troppo immane per noi? Non dobbiamo noi stessi, forse, divenire Dei, per apparire solo degni di essa? Non c’è stata mai un’azione più grandiosa di questa, – e tutti quelli che dopo di noi nasceranno, apparterranno necessariamente, in grazia di quest’azione, a una storia superiore a tutte quelle che sono sinora esistite!” – Qui si tacque il folle, e fissò nuovamente i suoi ascoltatori: pure essi si tacquero e, sbigottiti, lo guardarono. Finalmente, egli gettò a terra la sua lanterna, la quale si infranse e si spense. “Io giungo troppo presto, egli esclamò ancora, non questo è ancora il mio tempo. Questo mostruoso avvenimento è ancora per via e sta camminando, – non è ancora giunto agli orecchi degli uomini; la folgore e il tuono richiedono, pure essi, tempo, e tempo richiede la luce degli astri, e tempo richiedono le azioni, pur dopo essere state compiute, per venir vedute e udite. Cotest’azione è pur sempre più lontana dagli uomini che le più lontane costellazioni – e tuttavia, essi l’hanno compiuta!” – Si racconta ancora che il folle sia penetrato, il giorno stesso, in parecchie chiese, e vi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Scacciatovi e interrogato, egli avrebbe sempre risposto soltanto questo: “Che cosa sono, dunque, ancora queste chiese, se non le tombe e i mausolei d’Iddio?”
Grande!
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