Pedro Juan-José Iriarte
(1913-1999) vescovo di Reconquista, Appello al Concilio, 1963, in P. Gautier, La Chiesa dei poveri e il Concilio, Firenze, 1965, pag. 194
“Ma io penso come è difficile per noi, poveri vescovi della Chiesa del Cristo nel XX secolo, trasmettere questo messaggio, che in origine è immerso nella povertà dell’incarnazione, della mangiatoia e della croce, predicato da un operaio che viveva senza aver nemmeno una tana come le volpi, che si esprimeva nel linguaggio familiare della dracma perduta; messaggio destinato oggi a uomini di austerità proletaria, il 65 per cento dei quali ha fame, e una parte vive nelle “favelas”, negli “slums”, nelle “bidonvilles”, che si chiamano tra di loro “compagni” e sono abituati al linguaggio incisivo e diretto dei loro leaders, alla sobrietà dei loro grattacieli, dei loro “jets” e degli “shorts” che portano i loro capi militari passandoli in rivista; mentre noi dobbiamo dare questo messaggio dall’alto dei nostri altari e dei nostri “palazzi” episcopali, nel barocco incomprensibile delle messe pontificali coi loro strani balletti di mitre, nelle perifrasi ancora più strane del nostro linguaggio ecclesiastico, e andiamo davanti al nostro popolo rivestiti di porpora… e il popolo viene da noi chiamandoci “Eccellenza Reverendissima” e piegando il ginocchio per baciare la pietra del nostro anello!
Liberarsi da tutte queste tonnellate di storia e di costumi non è facile. Guai ai semplicisti che non vedono difficoltà in niente. Guardiamoci dunque dal condannare o dal proporre delle soluzioni a buon mercato! Possiamo noi, Signore, nell’umiltà, nella povertà e nella semplicità di cuore, ottenere da te tutto il tesoro di luce e di coraggio necessari perché la Chiesa trovi il suo cammino, nel nostro secolo XX, e sia capace di realizzare semplicemente l’ideale che il tuo umile figlio Giovanni gli ha proposto: che essa sia “la Chiesa dei poveri”.”