A. da Rocha
Ascoltare lo Spirito Santo nei segni dei tempi, in AA.VV., La vita monastica. Vita nello Spirito Santo alla luce delle sfide di oggi, Parma 1991:
“Il monastero si troverà sempre di più circondato da gente di varie culture e religioni, senza parlare di dove il monastero è fondato in mezzo a popolazioni di altre culture e religioni. Si chiuderà ad esse o si aprirà? In passato il monastero, sia in Occidente che in Oriente, è stato un centro di Evangelizzazione e di unità; un luogo in cui hanno trovato accoglienza uomini di ogni strato sociale, di ogni razza e cultura. Il suo ruolo nella formazione della cultura è stato notevole e qualche volta determinante. Mi pare che ci troviamo in un’epoca che richiede dal monaco e dal suo monastero una nuova e assai più grande apertura e servizio. Più che mai è richiesto da esso di esser parte di quella Chiesa che si è definita come Sacramento di Salvezza e di Unità per tutto il genere umano, e il genere umano è oggi più vario che mai e più vicino che mai nella sua pluralità e varietà al monastero.
L’ospitalità spirituale significa dialogo: un’ospitalità muta, sarebbe una contraddizione, non sarebbe cioè ospitalità, perché coloro che da altre culture e religioni vengono al monastero, vengono per “cercare”, per chiedere. Il monastero può e deve esser luogo di Incontro col Vangelo, incontro che avviene a livello di bisogno spirituale, di esperienza spirituale.
Di particolare importanza sono i giovani. Essi vivono in uno stato di grande tensione, cercano risposte e guide, e spesso vanno a cercarle fuori dalla Chiesa. D’altra parte essi sono forse i più capaci di cogliere cosa voglia dire svolgere un ruolo profetico nel mondo d’oggi. Un monastero vivo e attento ai loro bisogni, alle loro tensioni, potrebbe essere il luogo del loro incontro con Cristo, con i valori veri dello spirito; potrebbe aiutarli a trovar il senso della loro vita e infondere in loro speranza.”