Nell’ultimo numero di ADISTA, il tema del Concilio Vaticano II è messo ampiamente in evidenza. Tra gli altri, segnaliamo l’intervento di Raniero La Valle, il cui titolo è il medesimo che apre qui il nostro post.Ci sembra che la questione del rapporto tra fede della Chiesa-struttura e fede personale sia oggi decisiva, se si vuole ancora riflettere su una possibile “comunione” nel tempo dell’individualismo.
Ecco l’esordio dell’articolo di La Valle; per il testo integrale cliccare qui:
“Alla fine del Vangelo di Giovanni si parla di uno sconosciuto, di cui non si dice mai il nome, ma che è identificato come il discepolo che Gesù amava e del quale disse che sarebbe rimasto, fino al suo ritorno. (…) Noi non siamo gli apostoli, non siamo gli evangelisti, non siamo i dottori, non siamo dei reduci, noi siamo i discepoli. E come discepoli, anche noi siamo dentro una successione; non c’è solo la successione apostolica, che da Pietro e dagli altri apostoli arriva fino ai nostri vescovi e al papa: c’è anche una successione laicale che dai discepoli anonimi che Gesù amava, dal discepolo che è rimasto, è giunta fino a noi; e questa successione discepolare non è meno importante dell’altra, perché anch’essa fa parte della Tradizione che viene da Gesù e che insieme alla Scrittura porta con sé la divina rivelazione e rende attuale per ogni generazione la parola di Dio. …”